Casoli vista dalla Torre del Castello Ducale
La vista che si può ammirare dalla torre del Castello Ducale di Casoli lascia davvero senza fiato. Lo sguardo si allunga sul medio e alto Sangro, abbraccia l’Aventino e scorge pure un tratto di mare, con la Majella che ti guarda, a sua volta, dall’alto. Il panorama mozzafiato, d’altra parte, è soltanto uno dei regali che può donarti una visita a Casoli, dove natura, arte, architettura, enogastronomia e cultura sembrano convivere armonicamente in quel piccolo borgo arroccato su un colle.
A raccontarci Casoli e le sue mille sfaccettature sono il professor Filippo Travaglini e l’assessore alla Cultura Piera Della Morgia, entrambi testimoni e narratori preziosi di questo angolo delle Terre dei Trabocchi.
La nostra visita parte dal paese e dalle sue peculiarità: lo sviluppo per anelli circoncentrici – a chiocciola – a partire dal centro storico e poi via via verso valle; la presenza di un numero di residenti nelle contrade superiore a quelli che vivono nel centro; la costruzione di moltissimi impianti sportivi per un paese che fatica a raggiungere i seimila abitanti.
Ma è intorno al Castello di Casoli che si concentra la nostra attenzione, e ammirazione. Fino a un po’ di tempo fa era una dimora privata, dove varie famiglie hanno vissuto negli appartamenti attualmente in fase di sistemazione (il progetto di restyling è maestoso e ambizioso, ma attualmente mancano i fondi). Gli ultimi proprietari sono i componenti della famiglia Masciantonio che a un certo punto hanno deciso di vendere al Comune.
E proprio su uno dei Masciantonio, don Pasquale, che si ‘infittiscono’ i racconti delle nostre guide.
E’ stato merito suo, infatti, se a fine Ottocento il paese è diventato centro di una stagione fervida di vita culturale e politica. Le sale del castello ospitano personalità quali Edoardo Scarfoglio, fondatore del “Mattino” di Napoli, la scrittrice Matilde Serao, sua moglie e appassionata collaboratrice, i musicisti Francesco Paolo Tosti e Ettore Montanaro, lo stesso Guglielmo Marconi, Cesare De Titta, il pittore Michetti.
Ma uno degli ospiti più assidui del Castello è stato di certo Gabriele D’Annunzio. A lui don Pasquale aveva riservato una stanzetta, dove il vate dimorava spesso e dove amava ‘appuntare’ – sul muro – la sua vita, i suoi pensieri, le sue emozioni. Ancora oggi quelle scritte sono visibili sulle pareti di una stanza del castello di don Pascal, come lo chiamava D’Annunzio. Sono gli anni che vedono il Vate di frequente sfuggire della turbolenza della sua vita e delle sue amanti e trovare conforto presso l’amico Pascal. Conforto non solo emotivo, visto che sembra che D’Annunzio portava con sé rotoli e rotoli di cambiali che si faceva pagare dal suo amico. E in paese non ha lasciato un bel ricordo, visto che i Casolani di qualche generazione fa ricordano – e raccontano con disappunto – che quando morì don Pascal, da D’Annunzio non arrivò neanche un telegramma.
Ma Casoli custodisce non soltanto i segreti di D’Annunzio. Tra le stanze del vecchio palazzo municipale si mise a punto anche la strategia della Brigata Majella, che contribuì alla liberazione dell’Italia dall’occupazione tedesca.
Proprio a Casoli, infatti, non appena si sparse la notizia che il comando inglese guidato dal maggiore Lionel Wigram aveva accettato la collaborazione della formazione partigiana di Ettore Troilo, affluirono i volontari che si arruolarono per liberare le proprie terre. E al maggiore Wilgram, ucciso proprio per liberare l’Abruzzo dai tedeschi, è dedicata una delle stanze del castello. Proprio pochi mesi fa sono arrivati in paese i suoi figli, che hanno ripercorso le gesta eroiche del padre e presenziato alla cerimonia di intitolazione della stanza a lui dedicata.
[Crediti: foto Carmelita Cianci]
«La pazienza è l’immortal nepente
«che afforza i nervi e l’anima ristora.
È la frase di d’Annunzio incisa sul muro