In attesa della fine del mondo, sono le 15 e al momento non si avvertono sentori catastrofici nell’aria, concentriamo la nostra attenzione e le annesse papille gustative su un classico del Natale abruzzese, le scrippelle o torcinelli.
Attenzione, non mi riferisco alle blasonate e più conosciute “scrippelle ‘mbusse”, piatto cult della cucina teramana di derivazione palesemente francese, bensì a un morbido e soffice dolce fritto dalla forma allungata e dalle vivaci sfumature dorate.
Preparazione povera della tradizione popolare, la scrippella ha origini antichissime e immagini ancora vivide persino nei miei ricordi di bambina, con una nonna che durante il periodo natalizio, come da rituale, si adoperava alla piacevole e dolce causa.
A differenza dei caggionetti, le scrippelle hanno una vocazione eletta più al cibo di strada o street food che al consumo più squisitamente domestico.
Comunque viriamo su questioni di natura pratica e veniamo alla ricetta, suggerita in questo caso dalla signora Emma, originaria di Lentella, e da sua figlia Vania, le proprietarie di un piccolo panificio di San Salvo.
Ingredienti:
– farina di grano tenero “00” 1 kg
– sale 10 g
– lievito madre 400 g
– acqua ½ litro (o comunque q.b. per avere un impasto morbido)
Si parte da un semplice impasto di acqua, farina e lievito madre, lavorato in una capiente ciotola e lasciato riposare per almeno un paio d’ore.
A questo punto andiamo a tagliare dei tranci di pasta che distendiamo e allunghiamo un poco alla volta fino all’immersione in abbondante olio d’oliva bollente.
Lasciamo friggere per qualche minuto, e quando la superficie delle nostre scrippelle sarà sufficientemente brunita, scoliamo e mettiamo ad asciugare.
La scrippella dovrà avere una lunghezza di circa 15 cm, mentre la consistenza sarà soffice e spugnosa all’interno, con una velata ma persistente croccantezza all’esterno.
La versione della signora Emma (appresa dalla nonna) non contempla l’uso delle patate e delle uova, variante più moderna e relativamente diffusa sul territorio, scelta soprattutto per conservare la morbidezza nel tempo.
Sul fronte lievito è molto utilizzato anche quello di birra che garantisce una maggiore continuità e stabilità (in termini di lievitazione) nel risultato finale.
Qualunque sia la versione preferita, il comune denominatore resta quello di consumare le scrippelle ancora calde e fumanti con sopra una generosa spolverata di zucchero bianco.
Panetteria Colameo
via Isonzo 5, San Salvo
Tel. (+39) 0873549297
[Crediti | Immagini: Carmelita Cianci]
PROVERò A FARLI MA NON HO IL LIEVITO MADRE
Quelle che chiamate scrippelle, in realtà mi sembra una variante della pizzonta (pizza fritta).Di solito si faceva con un po’ di pasta di pane.
Salve,
dopo un po di tempo, la lontananza ti fa pensare alla terra d’origine degli abruzzi. Dopo avere imparato le tecniche per ottenere gli impasti per il pane, rifare ciò che avete proposto è stato davvero bello e gustoso. Ho fatto anche una variante mettendoci anche del peperoncino secco nell’impasto. Sicuramente da rifare. Ottimo
Appena avrò un pò di tempo, inserirò la mia variante all’interno del mio blog: http://raghebelassouad.blogspot.com inserendovi la fotografia del risultato ottenuto.
A presto
Da noi non si chiamano scrippelle ma crispelle…così non si crea confusione